Leviathan

Thomas Hobbes (Malmesbury (Wiltshire)5 aprile 1588 – Hardwick Hall4 dicembre 1679) è stato un filosofo britannico, autore del famoso volume di filosofia politica intitolato Leviatano (1651).

Benché Hobbes sia oggi ricordato soprattutto per la sua opera sulla filosofia politica, contribuì a diversi campi del sapere, tra i quali storiageometriaeticaeconomiafilosofia generale e ciò che ora verrebbe chiamato scienze politiche. Inoltre, la descrizione di Hobbes della natura umana come cooperazione basata sull’interesse personale si è dimostrata essere una teoria durevole nel campo dell’antropologia filosofica.

Nel Leviatano ( figura ripresa dal mostro biblico descritto nel libro di Giobbe ) Hobbes espone la propria teoria della natura umana, dellasocietà e dello stato. Poiché il diritto ha origine naturale per ogni ente, inclusi gli esseri umani (ma anche l’ambiente in cui vivono), è innato in ogni individuo che abbia dei diritti, e tutti gli stessi diritti, e nello stato di natura ognuno ha diritto a ogni cosa e, a causa della scarsità dei beni disponibili, gli uomini ingaggiano una guerra di tutti contro tutti (bellum omnium contra omnes) e l’uomo è un lupo divoratore per ogni altro uomo (homo homini lupus). La sua concezione degli esseri umani come assolutamente egoisti, pericolosi e costantemente bramosi di potere, fu molto impopolare.

Tuttavia gli uomini hanno un comune interesse ad arrestare la guerra per assicurarsi un’esistenza che altrimenti sarebbe impegnata soltanto nella guerra per difendere beni di cui non si potrebbe mai godere, così formano delle società stipulando un contratto sociale, chiamato Patto di Unione (Pactum Unionis) che è composto dal Patto di Società (Pactum Societatis) e dal Patto di Soggezione (Pactum Subiectionis). Il Patto di Società sancisce la nascità della civiltà mentre il Patto di Soggezione stabilisce che ciascun individuo rinunci al proprio diritto originale (su tutto e su tutti) e lo ceda a un terzo (il Sovrano) verso il quale è obbediente.

Secondo le teorie corpuscolaristiche dell’empirismo inglese (riprese da Isaac Newton), lo Stato è un grande corpo le cui membra sono i singoli cittadini: tale è il senso della copertina del trattato che raffigurava il Leviatano contenente nei pezzi del suo vestito altrettanti cittadini. Tale opera è considerata la teorizzazione e l’atto costitutivo dello stato moderno. L’autorità dello stato è pari alla porzione di libertà che ognuno gli delega, rinunciando ad esercitare i corrispondenti diritti che assegnano a ognuno tale libertà.

Lo stato non ha autorità e libertà per il diritto naturale; per esso tutti non solo hanno dei diritti, ma tutti hanno gli stessi diritti: per cui nessuno, nemmeno in funzione di leviatano potrebbe avere dei diritti maggiori degli altri: ciò perché il diritto naturale discende dalla filosofia che non distingue fra individui e quindi non può nemmeno parlare di un potere superiore di qualche individuo. Fra i diritti c’è la possibilità (che è per Hobbes anche una necessità) di non esercitarli tutti, parte della libertà naturale (innata) dell’uomo è rinunciare a parte di queste libertà.

La libertà è un diritto dei cittadini, mentre l’autorità è una delega di libertà altrui giuridicamente fondata su un contratto sociale. Il popolo è sovrano e assegna allo stato l’usufrutto di alcuni suoi diritti naturali di cui mantiene una proprietà personale e inalienabile, che gli dà diritto di rientrarne in possesso in qualunque momento.

Lo stato nasce da un compromesso in cui ognuno accetta di limitare la sua libertà fin dove non sconfina nella sfera altrui, per poter esercitare delle altre libertà che senza lo stato resterebbero di diritto ma non di fatto, soltanto sulla carta del contratto sociale.

Lo stato e la sua autorità sono legittimi laddove la maggioranza, anche senza unanime consenso, ha rinunciato a parte della propria libertà accordandosi entro i limiti del contratto sociale. In base al contratto, la sovranità non appartiene più al popolo, ma al leviatano ovvero al monarca assoluto che la esercita irrevocabilmente. Fra le libertà rinunciate mediante il contratto, quindi, vi è anche quella di revocare il potere del sovrano, che è necessità e richiede inesorabilmente la sottomissione dei sudditi.

Il diritto naturale fonda la libertà dell’individuo; un atto libero di questa libertà, necessario alla sua stessa esistenza, è la scelta di stipulare un contratto sociale che dà fondazione di diritto (giuridicamente) e di fatto, allo stato moderno.

La libertà scritta sul contratto sociale è potenza, il cui primo atto deve per necessità essere quello che assicura gli atti successivi che sicuramente ci saranno (le catene cause-effetto tendono all’infinito; per la libertà vale eterogenesi dei fini); tale atto assicuratore è il potere del leviatano.

(tratto da: Wikipedia)

Il Leviatano

Sul frontespizio della prima edizione inglese del Leviathan (1651)[37] troviamo, posta come epigrafe, una citazione tratta dalla Vulgata: «Non est potestas super terram quae comparetur ei Iob. 41.24». Il Leviatano, inciso sul frontespizio, è rappresentato come un essere gigantesco, dall’aspetto umano. Il suo corpo, formato da una miriade di scaglie raffiguranti uomini in miniatura, sovrasta una città e i suoi dintorni. Con la mano destra tiene una spada, con la sinistra un bastone pastorale. Sotto il braccio destro compaiono cinque piccoli pannelli, in cui sono illustrati: una roccaforte, una corona, un cannone, armi e bandiere, un campo di battaglia. Sotto il braccio sinistro si trovano incolonnati altri cinque pannelli: una chiesa, una mitria pastorale, le folgori della scomunica, un piccolo repertorio delle sottili e acuminate distinzioni della scolastica e infine un concilio[38].
Hobbes ci ha offerto tre chiavi di lettura per comprendere il significato del suo Leviatano. Nell’introduzione al libro egli lo definisce animale artificiale, un automa: è un prodotto dell’arte umana che, imitando l’uomo naturale, riesce a spingersi oltre i confini di una semplice riproduzione meccanica, come quella di un orologio. Risultato di questo atto creativo, la cui ratio consiste nel superamento della imperfetta condizione naturale, è il magnus Leviathan, la comunità politica o stato: «Magnus ille Leviathan, quae civitas appellatur, opificium artis est et homo artificialis, quanquam homine naturali, propter cujus protectionem et salutem excogitatus est, et mole et robore multo major»[39].
Un’altra indicazione troviamo nel capitolo in cui Hobbes illustra il processo generativo dello stato, cioè sempre del grande Leviatano, che in questo caso è anche definitodeus mortalis: «Atque haec est generatio magni illius Leviathan, vel, ut dignius loquar, mortalis Dei; cui pacem et protectionem sub Deo immortali debemus omnem»[40].
La terza indicazione proviene dal cap. XXVIII, «Delle punizioni e delle ricompense», alla fine del quale Hobbes sintetizza la trama del suo lungo discorso politico: «Hactenus de natura hominis, quem superbia aliaeque passiones suae ad submittendum se regimini alicui compulerunt, et rectoris sui potentia ingente disserui; comparans illum magno illi Leviathan; de quo (Job XLI.24,25) dicit Deus,non est potestas super terram, quae comparetur ei: factus est, ita non metuat: videt sublimia omnia infra se; et rex est omnium filiorum superbiae»[41].

L’intento di Hobbes, come abbiamo già illustrato, era proprio quello di eliminare dal suo Leviatano ogni suggestione demoniaca. In questo caso, l’identica disposizione degli sguardi, sia del Leviatano che degli individui strettamente connessi al suo corpo, può essere meglio intesa se messa in rapporto con il cambiamento dei tratti del volto del «dio mortale».

tratto da: Marco Bertozzi –Thomas Hobbes. L’enigma del Leviatano (1983)