I pensieri negativi rimpiccioliscono il cervello

L’area cerebrale si ridurrebbe a causa di un atteggiamento pessimista

Se la personalità è influenzata dal cervello, è vero anche il contrario. Lo afferma uno studio americano della Washington University di St. Louis, secondo cui i soggetti che si contraddistinguono per un atteggiamento negativo nei confronti della vita, con il passare del tempo subiscono una ridimensionamento delle aree cerebrali preposte alle emozioni.
Per arrivare a tali conclusioni, i ricercatori hanno analizzato un gruppo di volontari fra i 44 e gli 88 anni, scoprendo che le persone con un più alto tasso di neuroticismo – ovvero il pensiero negativo – mostravano anche un diminuzione della materia grigia del lobo frontale e mediale rispetto a chi invece presentava un’attitudine più aperta e ottimista.
Denise Head, autrice dello studio, ha spiegato: “È la prima volta che si trova un influsso della personalità nel cervello. I nostri dati suggeriscono che c’è un legame molto stretto, soprattutto con le aree associate ai processi emozionali e sociali, anche se è ancora presto per dire se è la personalità che influenza le dimensioni cerebrali o il contrario”.
Si potrebbe applicare la scoperta per la diagnosi dell’Alzheimer, che quando colpisce un soggetto provoca cambiamenti nel comportamento abituale: “noi abbiamo esaminato persone sane spiegato ancora l’autrice per ottenere una base prima di studiare le patologie, e ora cercheremo di capire se da modifiche della personalità si può risalire ad alcune patologie”.
Non è la prima volta che si determina una relazione fra umore e salute. Si può citare ad esempio uno studio condotto presso la University of Texas Medical Branch su più di 1500 uomini in età matura, ma in buona salute, dei quali è stato studiato sia il livello di felicità e soddisfazione per gli anni di vita che stavano trascorrendo, sia lo stato di salute e di forma fisica misurato con parametri quali la velocità del passo e la forza fisica.
Dalla ricerca è emerso che il rischio di infermità e fragilità fisica in tarda età è tanto più alto quanto meno ottimistica è la visione della vita e del futuro. Considerando diverse variabili, coloro nei quali prevaleva il pessimismo potevano godere di condizioni fisiche peggiori.
Alle stesse conclusioni è arrivato Thomas Hess e i suoi colleghi ricercatori della North Carolina State University, il cui studio è stato pubblicato sul Journal of Psychology and Aging.
Lo studio è stato condotto su 200 adulti, sia giovani che adulti, cui è stato proposto un test che misurava la capacità di memorizzazione dopo aver guardato un filmato che subliminalmente lanciava allo spettatore messaggi positivi o negativi. Le persone che avevano ascoltato le parole che facevano riferimento a sensazioni negative hanno ottenuto dei punteggi peggiori nel test rispetto a chi aveva guardato il filmato “ottimista”.
Secondo gli autori dello studio, è possibile trarre la conclusione che una società in cui prevalgono stereotipi e messaggi che tracciano un profilo dell’anziano visto come una persona fragile, influenza negativamente il modo di vedere la vita delle vecchie generazioni peggiorandone le capacità cognitive e la salute fisica.

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