KANT E IL CONCETTO DI FINALISMO

di Paolo Salandini*

Kant riconosce di aver scritto la Critica del Giudizio (più letteralmente Critica della facoltà del giudicare) per gettare un ponte tra la Critica della ragion pura e la Critica della ragion pratica. Da cosa era costituito il fossato che secondo il filosofo tedesco separava nocivamente il mondo del soggetto conoscente da quello della soggettività agente? Questo fossato era stato in effetti scavato dalla stessa struttura fenomenica del mondo naturale così come emergeva dalla prima Critica: un orizzonte fisico fatto di leggi meccaniche, di necessità normativa, di rigidità geometrico-matematica, le quali rischiavano di compromettere gravemente la realizzazione di quel ‘Regno dei fini’ (Reich der Zwecke) che rappresenta all’interno della filosofia kantiana lo scopo ultimo dell’azione umana come azione libera; la libertà, vale forse la pena ricordarlo, costituisce per Kant l’essenza noumenica del mondo.

La mutata visione della natura
Nell’introduzione del 1959 all’Edizione del Centenario delle Opere di Bergson, il filosofo francese Henri Gouhier afferma di voler mantenere fermo un punto in particolare della sua interpretazione del pensiero bergsoniano, vale a dire il cambio di paradigma che dal modello geometrico-cartesiano della natura conduce, grazie alla riflessione dell’autore dell’Evolution créatrice a un modello biologico. Ciò rappresenterebbe il contributo più importante e rivoluzionario con cui Bergson modifica la cartografia concettuale del pensiero filosofico moderno e contemporaneo. Ora, perché questo è rilevante rispetto al pensiero kantiano? Proprio perché è in realtà con Kant e con la sua analisi dell’orizzonte teleologico del mondo dei fenomeni naturali che ha inizio questa svolta dal meccanicistico-geometrico al vivente-finalistico.

Orizzonte naturale e libertà umana
Il ‘Regno della natura’ (Reich der Natur) sembra però opporsi radicalmente all’attuazione del ‘Regno dei fini’, come Kant ricorda anche nella seconda sezione della Fondazione di una metafisica dei costumi (cfr. in particolare i parr. 97-111). In questo scritto che, nell’intenzione dell’Autore doveva rivestire una funzione introduttiva-divulgativa del suo pensiero etico-pratico espresso compiutamente tre anni dopo nella seconda Critica, Kant precisa che per ‘Regno’ (Reich) egli intende “il legame sistematico tra gli esseri dotati di ragione tramite delle leggi obbiettive comuni”. Ora, gli esseri ragionevoli sono, in forza della loro stessa ragione, degli esseri capaci di porsi dei fini e, sul fondamento incondizionato di questa medesima ragione, di essere dei ‘fini in sé’ (Zwecke an Sich). Così può essere definito ‘Regno dei fini’ quel sistema che comprende sotto un’unica e medesima legislazione i fini degli esseri dotati di ragione, che sono essi stessi fini in sé, cioè dei fini che questi esseri ragionevoli prospettano sotto la condizione di rispettare in se stessi e nei loro simili la dignità di essere fini in sé. E’ proprio in questa fondamentale qualità di fine in sé che ogni essere ragionevole deve considerarsi anche come l’autore della legislazione che genera il ‘Regno dei fini’. In altre parole, egli deve reputare la propria essenza come libertà. Certo, per Kant il ‘Regno dei fini’ non è una realtà effettivamente esistente, bensì un ideale; ma un ideale pratico, vale a dire che può essere realizzato attraverso l’esercizio della libertà umana.

La Critica del giudizio: bellezza e finalismo
Tornando alla pietra d’angolo della nostra analisi e cioè al ponte che Kant ritiene necessario gettare tra la prima e la seconda Critica, la questione riguarda l’esigenza di rielaborare il fenomenico ‘Regno della natura’ così come esce dalle pagine della Critica della ragion pura, in modo tale da non far sì che esso costituisca un’inoltrepassabile gabbia necessitante in vista dell’esplicarsi della libertà umana. E’ noto come nella Critica del giudizio il filosofo di Königsberg tratti congiuntamente la tematica estetica e quella teleologica, cioè finalistica. Ciò potrebbe apparire un po’ fuorviante alla luce della tradizione idealistica e storicistica successiva. Bisogna però ricordare come la stessa cosa dovesse risultare pienamente accettabile dai contemporanei di Kant: per esempio Goethe, grande artista quanto profondo naturalista, lodò altamente la terza Critica, dimostrando, al contrario, una certa freddezza per le altre opere kantiane. In realtà è da mettere in evidenza la modernità dell’intuizione kantiana di un accostamento tra la natura che opera nell’arte e l’arte che opera nella natura. In altri termini: da un lato la bellezza è come dimensione universalmente diffusa nella natura, dall’altro è la teleologia in quanto considerazione della natura come progetto razionale e finalistico. In tal senso si capisce l’affermazione kantiana sulla teleologia come “modo di considerare gli oggetti della natura secondo un principio particolare” (Critica del giudizio, par. 28). Il principio a cui fa riferimento Kant è il concetto della causalità della natura secondo uno scopo. Come è noto la teleologia è un principio regolativo e riguarda i giudizi riflettenti, e non può quindi rivestire il ruolo di principio costitutivo per i giudizi determinanti. Il giudizio teleologico entra perciò in gioco là dove si rivelano insufficienti le leggi di una causalità puramente meccanica. Non è di conseguenza possibile per Kant ipotizzare una teleologia fisica che produca una conoscenza concettualmente determinata, ciò perché la natura non ci dice nulla riguardo al suo ‘scopo finale’. Nondimeno questo non impedisce il legame intrinseco tra teleologia fisica e teleologia morale che costituisce appunto la struttura portante di quel ponte tra ‘Regno dei fini’ e ‘Regno della natura’ di cui si è detto.

Il giudizio teleologico
Il giudizio teleologico riflette sulle condizioni sotto le quali un fenomeno naturale sia da giudicarsi secondo l’idea di uno scopo finale della natura, pur non potendo trarre dalla natura in quanto oggetto di esperienza alcun principio oggettivo che ci autorizzi a determinare a priori una relazione con scopi incondizionati della natura stessa. Il giudizio teleologico è quindi “il giudizio sulle finalità nelle cose della natura”, senza però possibilità di determinazione scientifica, in quanto puro giudizio di riflessione. Il concetto di finalità della natura, precisa ancora Kant, consiste nel rappresentarcela “come se ci sia un intelletto che possa contenere il principio che dia unità al molteplice delle leggi empiriche di essa” (Critica del giudizio, Introduzione), e serve perciò a riflettere su quella concordanza universale tra la totalità dei fenomeni che resta empiricamente inverificabile. Il filosofo tedesco in definitiva rifiuta la spiegazione dell’unità e della finalità naturali in termini univocamente meccanici, introducendo così una riflessione sul finalismo, che pur non rivestendo un significato esplicativo renda però possibile la fondamentale integrazione tra il piano necessitante della natura fenomenica con l’attuazione della libertà umana.

*Insegna filosofia all’Educandato Statale ‘Agli Angeli’ di Verona; è docente a contratto di Terminologia filosofica all’Università San Raffaele di Milano e visiting professor all’Università di Bari. Tra i suoi ultimi lavori: La permanenza e l’inquietudine. Per una storia obliqua della filosofia (Milano, 2008); Hegel. Biografia dell’assoluto (Roma, 2008).

 

William Wordsworth

William Wordsworth (Cockermouth, 7 aprile 1770Rydal Mount, 23 aprile 1850) è stato un poeta inglese.

Assieme a Samuel Taylor Coleridge è ritenuto il fondatore del Romanticismo e soprattutto del naturalismo inglese, grazie alla pubblicazione nel 1798 delle Lyrical Ballads (Ballate liriche), primo vero e proprio manifesto del movimento in Inghilterra[1]. L’amico Coleridge vi contribuì con La ballata del vecchio marinaio (The Rime of the Ancient Mariner), che apriva la raccolta nella prima edizione (chiusa da Tintern Abbey). Benché il poema postumo The Prelude (Il preludio) di Wordsworth sia considerato il suo capolavoro, sono in realtà le Ballate liriche ad influenzare in modo determinante il paesaggio letterario ottocentesco.

Il carattere decisamente innovativo della sua poesia, ambientata nella cornice suggestiva del Lake District, nel nord del Cumberland, sta nella scelta dei protagonisti, personaggi di umile estrazione tratti dalla vita di tutti i giorni, e di un linguaggio semplice e immediato che ricalca da vicino la loro parlata[2].

Da considerare di eguale (se non maggiore) importanza per la letteratura romantica inglese è la Prefazione alla raccolta aggiunta all’edizione del 1802, di fatto un vero e proprio saggio critico in cui sono esposte le idee-cardine della poetica romantica[1].

Wordsworth, Coleridge e Southey, che si ispirarono alla medesima cornice paesaggistica dei Laghi, furono denominati Lake Poets, poeti laghisti. Iniziatori di quello che è passato alla storia come romanticismo etico (17981832), essi ne costituirono la prima generazione, mentre nella seconda si possono annoverare George Gordon Byron (17881824), Percy Bysshe Shelley (17921822) e John Keats (17951821)[1]. Il romanticismo più tardo (18321875), persa la spinta rivoluzionaria e innovativa dei predecessori, ripiega generalmente su posizioni moralistico–didattiche (a cui può riferirsi anche l’ultimo Wordsworth): per questo esso è ritenuto parte del compromesso vittoriano.

Vita[modifica | modifica wikitesto]

Wordsworth rivoluzionario[modifica | modifica wikitesto]

Wordsworth dipinto da Benjamin Robert Haydon.

L’ambiente parigino lo portò a sposare gli ideali anarchici e libertari di tanti pensatori ribelli e antimonarchici dell’epoca: basti ricordare William Godwin, marito di Mary Wollstonecraft madre di Mary Shelley che scrisse la famosa Vindication of the Rights of Women (Rivendicazione dei diritti delle donne). Spinto dalle stesse idee, egli ripudiò non solo la fede cristiana ma anche l’istituzione della famiglia e del matrimonio, intrecciando relazioni con diverse donne, e in particolare con Annette Vallon di cui si innamorò.

Da lei ebbe una figlia, Caroline, nel 1792. Nel 1793 Wordsworth esprimeva apertamente le proprie convinzioni politiche in A Letter to the Bishop of Llandaff (Lettera al vescovo di Falstaff), in cui sosteneva l’ateismo e la causa rivoluzionaria, lodando l’esecuzione di Luigi XVI di Francia. Coinvolto nelle lotte intestine nelle file dei girondini a fianco del capitano Beaupuy, rischiò di perdere la vita quando Robespierre represse nel sangue la loro fazione. L’anno successivo pubblicò le sue prime raccolte di poesie: An Evening Walk (Una passeggiata di sera) e Descriptive Sketches (Bozzetti descrittivi)[3].

Ritorno in Inghilterra[modifica | modifica wikitesto]

Presto però gli eccessi del Terrore e poi l’imperialismo napoleonico che si rivolse contro l’Inghilterra lo spinsero a ritornare in patria, abbandonando la donna che tanto amava. Ma ne riconobbe la figlia e mai si dimenticò di loro, visitandole nel 1802 accompagnato dalla sorella Dorothy. Quando, grazie al successo delle Lyrical Ballads e al saldo di un debito di 4500 sterline alla morte del conte di Lonsdale (che questi aveva evitato di pagare anni prima lasciando in difficoltà la famiglia), poté finalmente godere di un certo agio, inviò ad Annette e alla figlia tutto il denaro necessario per il loro sostentamento.

Matrimonio con Mary e incontro con Coleridge[modifica | modifica wikitesto]

Nello stesso anno della visita ad Annette sposava Mary Hutchinson, fatto che segnò definitivamente la sua separazione dalla Francia e da Annette. Testimonianza di questo trauma profondo è il dramma The Borderers (1795). Quell’anno segnò tuttavia una tappa determinante per la sua futura produzione poetica. Fu proprio allora, a Bristol, che conobbe Coleridge, causa del suo avvicinamento alla filosofia di Immanuel Kant e all’idealismo tedesco.

Le Lyrical Ballads[modifica | modifica wikitesto]

La straordinaria sensibilità della sorella Dorothy, elemento di mediazione essenziale nel suo dialogo con la natura, fu altrettanto importante: risultato di questa sinergia furono le Lyrical Ballads (1798), pietra miliare della poesia romantica inglese: opera-chiave della raccolta è Tintern Abbey, in cui il poeta già abbozza la storia del proprio sviluppo sentimentale, mentre Coleridge collaborò al volume con quattro poesie, fra cui la fortunatissima Ballata del vecchio marinaio, che sebbene possano sembrare diverse in realtà non si distaccano molto né dal soggetto né nello stile generale dell’opera. Primo manifesto dell’estetica romantica è da considerare inoltre il Preface to Lyrical Ballads (Prefazione alle Ballate liriche), allegata all’edizione del 1800 e ulteriormente arricchita nel 1802, in cui Wordsworth espone nei particolari la sua teoria romantica che rivoluzionò tanto i contenuti quanto il linguaggio poetico inglese, e non solo. Di quest’epoca sono anche i cosiddetti Lucy Poems, pubblicati separatamente tra il 1800 e il 1807. Dedicati a una donna morta in giovane età (in cui alcuni critici hanno visto la figura di Margaret Hutchinson, sorella minore di Mary), rendono sinteticamente il culto della fanciullezza, dell’ingenuità e del candore che permettono l’avvicinamento allo stato di natura perso nel passaggio dalla infanzia all’età adulta e dal mondo rurale a quello cittadino e industriale e la visione panteistica della natura di Wordsworth.

Separazione da Coleridge[modifica | modifica wikitesto]

La divergenza di intenti e di interessi — Wordsworth pervicacemente attaccato alla vita degli umili, poi incline a posizioni più conservatrici sia sul piano poetico che politico e sociale, mentre Coleridge lasciava la poesia per la filosofia (rifacendosi all’idealismo tedesco) e la ricerca simbolica — e alcuni malintesi personali determinarono una rottura verso il 1810, dovuta anche alla dipendenza di Coleridge dall’oppio[4].

Il romanticismo segnò il superamento del razionalismo settecentesco di matrice classica — le Ballate mostrano una natura vibrante di profonda spiritualità e di una sensualità ben lontana dalla distaccata e algida dea ragione esaltata dagli illuministi — tuttavia in Wordsworth non si persero la sensibilità democratica e la spontanea simpatia che, secondo lo spirito rivoluzionario francese, vennero dirette verso le classi disagiate ed indigenti.

Maturità: il Wordsworth reazionario[modifica | modifica wikitesto]

William Wordsworth

Ma l’orientamento politico di Wordsworth era destinato a mutare: l’ascesa al potere di Napoleone, incoronato imperatore nel 1804 segnò l’inizio di un duro (e lungo) periodo di guerra con l’Inghilterra, stretta anche dalle tenaglie del “blocco continentale“. Wordsworth, che proprio nella Francia aveva visto l’emblema della democrazia e della libertà, si sentì come tradito e cominciò a ripiegare gradualmente su posizioni moderate e infine conservatrici[3] (soprattutto dal 1808 in poi), fino a riabbracciare la religione anglicana e la monarchia col compromesso vittoriano.

Il tragico 1805 fu segnato tra l’altro dalla morte del fratello John, capitano annegato in mare, ed era destinato a incidere profondamente sulla sua vita come la sua poesia futura: ultimò il Poem to Coleridge (poi pubblicato postumo nel 1850 dalla moglie col titolo The Prelude, il suo poema narrativo più famoso), parte autobiografica scritta a mo’ di introduzione per The Recluse (Il recluso), progetto di lungo poema filosofico di cui The Excursion (L’escursione, 1814) doveva costituire la seconda parte (la terza non fu mai scritta).

Herbert Read ha letto nell’avversione del poeta alla Francia e alla Rivoluzione una vera e propria rimozione psicologica con cui Wordsworth avrebbe represso il dolore per la separazione da Annette e da un Paese che tutto sommato non avrebbe smesso di amare: se la Francia, con la giovane Annette fu la sua amante, disse Read, l’Inghilterra con Mary ne diventò la moglie. Fedele al suo matrimonio come alla monarchia che lo tutelava, egli negò la spinta liberatrice della natura, vedendo piuttosto in essa l’ordine e l’autorità di un austero Dio patriarcale: «ed ecco dove il Wordsworth cessa di essere romantico, dove la sua democratizzazione dell’eroico non è più rivoluzionaria: ché nelle creature che egli addita come esemplari non è più la ribellione che egli trova, ma l’obbedienza a una legge» (Praz).

Nel 1807 pubblicava Poems in Two Volumes, contenente tra l’altro la famosa Ode: Intimations of Immortality from Recollections of early Childhood (“Ode: intuizioni di immortalità nei ricordi dell’infanzia”) e I Wandered Lonely as a Cloud. A parte alcuni viaggi, in Germania (1798), in Belgio (1828), nei Paesi Bassi (1823) e in Italia (1820 e 1837), Wordsworth condusse una vita ritirata segnata da non poche sventure domestiche: alla morte del fratello si aggiunsero, qualche anno dopo, quelle di due dei suoi cinque figli, Thomas e Catherine (1812), e in seguito l’infermità che rese paralitica l’amatissima Dorothy nel 1829. Paradossalmente, fu allora che egli si trovò al culmine della celebrità e dell’agiatezza, arrivando ad essere insignito del titolo di poeta laureato nel 1843[3] (succedendo a Southey che era morto in quello stesso anno). Morì a Rydal Mount, dove viveva dal 1812, il 23 aprile del 1850. Il suo corpo fu tumulato nel cimitero di St. Oswald a Grasmere, tra i laghi che aveva amato così profondamente.

Poetica e modernità di Wordsworth[modifica | modifica wikitesto]

Significato delle Lyrical Ballads[modifica | modifica wikitesto]

La rivoluzione romantica arriva in Inghilterra con le Lyrical Ballads. Vero è che autori di tendenze apertamente romantiche (come Blake)[1]avevano preceduto di qualche decennio Wordsworth e Coleridge, e che la sensibilità romantica, un po’ come tutti i movimenti, non si stacca mai interamente dalla tradizione immediatamente precedente: infatti, il romanticismo si sviluppa da quella riscoperta della sensibilità che pervade la letteratura settecentesca fin dalla seconda metà di quel secolo per arrivare a Rousseau e alla Rivoluzione Francese.

La grande voga delle ballate “popolari”, che il vescovo Percy e il McPherson presentano come riscoperte o attinte alla tradizione popolare ma in realtà scritte o ampiamente manipolate dagli autori, tradiscono già il desiderio del pubblico di una poesia ispirata a motivi popolari e arcadici. Opere come le Night Thoughts (Meditazioni notturne) di Edward Young e la Elegy Written in a Country Churchyard (Ode scritta in un cimitero campestre) di Thomas Gray per i defunti senza nome perché appartenenti agli strati più umili della società costituirono le fondamenta su cui crebbe la poesia romantica del secolo successivo. Non è un caso che Wordsworth riunisca con il nome di ballate la nuova raccolta, anche se le premesse su cui si articola il suo discorso sono ben diverse.

Nella prefazione del 1802 egli scrive

(EN)« the language of such Poetry as I am recommending is, as far as is possible, a selection of the language really spoken by men » (IT)« la lingua di tale Poesia quale io raccomando consiste, per quanto possibile, in una selezione della lingua com’è davvero parlata dalla gente »

Notevole per quel tempo è l’abbandono, apertamente dichiarato, della dizione poetica settecentesca ispirata al modello classicista che Pope aveva definito nature to advantage dress’d, abbandono non motivato tanto da criteri estetici, quanto etici, ora riconosciuti fondamentali.

La scrittura di Wordsworth è infatti ispirata da un desiderio di concretezza e spontaneità, oltre che da quella sensibilità democratica a cui si accennava sopra: il poeta romantico è definito

(EN)« a man speaking to men: a man, it is true, endued with more lively sensibility, more enthusiasm and tenderness, who has a greater knowledge of human nature, and a more comprehensive soul » (IT)« un uomo che comunica ad altri uomini: un uomo, veramente dotato di una più acuta sensibilità, di maggiore entusiasmo e sentimento, che ha una maggiore conoscenza della natura umana e un’anima capace di maggiore comprensione. »

La poesia di Wordsworth è però solo apparentemente artless, senz’arte: il poeta padroneggia sapientemente il blank verse già ampiamente utilizzato dalla tradizione inglese (lo troviamo già nel Teatro elisabettiano), il che gli permette di evitare la rima e utilizzare lemmi ed espressioni popolari, con l’effetto di imitare la parlata comune[2]. Diversamente da Pope e Dryden, l’arte qui è sapientemente dissimulata, non sfoggiata, ridotta all’indispensabile, perché qui il messaggio poetico sta non tanto nella forma quanto nel contenuto. Il pubblico di Wordsworth non è più la corte, ma investe tutte le classi sociali, maggiormente sensibili a una poesia svecchiata dalle forme arcaiche e più vicina ai sentimenti della gente.

In questa sua scelta linguistica egli si pone all’opposto di Coleridge che, al contrario, rimaneggia la ballata popolare senza rinunciare ad arcaismi, con un’attenzione ancora settecentesca per la rima[5]. D’altra parte Coleridge stesso considerava la quotidianità e l’umiltà del soggetto poetico incompatibili con una poesia che volge lo sguardo al soprannaturale o all’esotico: il bello e il sublime non potevano identificarsi con la vita comune, perché nel presente e nell’Inghilterra industriale vedeva una minaccia ai valori fondamentali dell’uomo. I due poeti si consideravano ambedue investiti di una missione spirituale: per i romantici la poesia è “più della pura e semplice messa in versi di verità filosofiche: il poeta era anche il profeta, e non si limitava a trascrivere verità ricevute da altri ma era egli stesso l’iniziatore alla verità” (Anthony Burgess).

Troviamo, sempre nella prefazione alle Lyrical Ballads, anche un’importante definizione di quella che fu, secondo Wordsworth, la poesia romantica:

(EN)« I have said that poetry is the spontaneus overflow of powerful feelings: it takes its origin from emotion recollected into tranquillity » (IT)« Ho detto che la poesia è lo spontaneo straripamento di potenti sensazioni: prende origine dall’emozione ricondotta nella tranquillità »

Questo significa che le emozioni e le sensazioni provate in un particolare momento, saranno poi necessarie al poeta come soggetto della sua poesia, una volta che egli si sarà ricondotto all’ordinaria tranquillità. Quindi è duplice il messaggio che otteniamo da questo passaggio: innanzitutto abbiamo una fondamentale informazione su quale sia il soggetto fondamentale della poetica di Wordsworth, o più in generale di quella romantica: le sensazioni e le emozioni; inoltre otteniamo anche la definizione di poesia come mezzo necessario per far rivivere quelle emozioni e sensazioni altrimenti impresse solamente nel proprio ricordo.

Il valore del ricordo: Tintern Abbey[modifica | modifica wikitesto]

Ma mentre, come si diceva, l’amico vede la poesia come fuga dalla realtà, Wordsworth offre ai suoi lettori un modo per dialogare con il presente e la società: anche se la sua poesia si ambienta nella cornice selvaggia e rupestre dei laghi inglesi, essa è anche una recollection in tranquillity[2], letteralmente “ricordo nella quiete”, di personali esperienze vissute nella natura che arricchiscono chi vive costretto dalla realtà della metropoli industriale: Il poeta non è solo colui che percepisce il messaggio della natura grazie alla sua particolare sensibilità, ma anche chi lo sa codificare in modo da evocare in chi legge le sue stesse esperienze visive, uditive, tattili: nella poesia più famosa della raccolta, Tintern Abbey, egli dice:

(EN)« …again I hear
These waters rolling from their mountain-springs
With a sweet inland murmur »
(IT)« …sento di nuovo
queste acque che scorrono dalle sorgenti montane
portando in sé il dolce rigoglio delle viscere della terra. »

È impossibile rendere perfetta questa poesia in lingua italiana, anche per il valore onomatopeico di certe parole, in cui le consonanti liquide e nasali sembrano echeggiare lo scorrere e il cadere dell’acqua (rollingspringsmurmur). La rievocazione di passioni ed emozioni anche estinte da tempo sta soprattutto nel ruolo “attivo” del destinatario del testo, che diventa interlocutore privilegiato dello scrittore e non semplice fruitore: Wordsworth stesso afferma

(EN)« Though absent long,
These forms of beauty have not been to me,
As is a landscape to a blind man’s eye:
But in lonely rooms, and mid the din
Of towns and cities I have owed to them,
In hours of weariness sensations deep
Felt in the blood, and felt along the heart. »
(IT)« Per quanto fui per tanto tempo assente [da quei luoghi],
queste belle forme non mi hanno fatto
lo stesso effetto che fa un paesaggio a una persona cieca:
invece nella solitudine delle mie stanze, e tra il chiasso
delle città ho dovuto ad esse,
in momenti in cui ero esausto, sensazioni intense
che mi entravano nel sangue toccandomi il cuore. »
((Tintern Abbey, vv. 23-39))

L’etica della natura[modifica | modifica wikitesto]

Nella poesia di Wordsworth, la natura assume tre valori: etico, morale e fonte di conoscenza. Così immortalando il Lake District nella sua poesia Wordsworth ha fatto ben più che fare conoscere al mondo questa regione benedetta dalla natura: ha messo in evidenza il valore etico e non puramente materiale o utilitario dei tesori ambientali. La natura fu d’altra parte, secondo quanto ebbe a dire lui stesso, colei che lo iniziò alla vita: le lunghe camminate sui dirupi scoscesi delle montagne del Cumberland avrebbero risvegliato i suoi sensi costringendolo in qualche modo a uscire dalla profonda introversione in cui si era chiuso sin da piccolo a causa dei gravi problemi familiari. Non deve stupire dunque che la natura sia essa stessa provvidenziale e divina: Dio si identifica con tutto il creato, è un Dio immanente e visibile. Tale visione panteistica e neoplatonica dell’universo pervade la prima poesia di Wordsworth: valga come esempio forse il più famoso dei Lucy Poems, A slumber Did My Spirit Seal (Un sonno ha intorpidito il mio spirito), dove il poeta piange la morte della donna amata:

(EN)« A Slumber did my spirit seal;
I had no human fears:
She seemed a thing that could not feel
The touch of earthly yearsNo motion has she now, no force;
She neither hears nor sees;
Rolled round in earth’s diurnal course,
With rocks, and stones, and trees. »
(IT)« Un sonno ha intorpidito il mio spirito
non avevo timori umani
lei pareva una creatura che non poteva essere toccata
dal passaggio degli anni di questo mondoOra lei più non si muove,
non sente né vede;
avvolta nella terra che ruota ogni giorno su di lei,
insieme alle sue rocce, alberi e pietre. »

Altrettanto neoplatonica è la credenza di Wordsworth che soprattutto i bambini (oltre che le persone non toccate dalla civiltà, e qui è chiara l’eco di Jean-Jacques Rousseau) siano più vicini a Dio perché in loro permane la memoria del mondo celeste in cui eravamo tutti prima di nascere. Tra i personaggi più famosi delle Lyrical Ballads sono infatti bambini, vagabondi, disabili, folli: soggetti “sconvenienti” che gettarono scandalo nei primi anni che seguirono la pubblicazione dell’opera (tanto da fornire il destro a tante parodie), ma che col tempo aprirono la strada a una maggiore solidarietà sociale, spingendo tanti vittoriani sia nelle lettere che nella politica a lottare per le grandi riforme sociali di quel secolo.

Fortuna di Wordsworth[modifica | modifica wikitesto]

La casa di Wordsworth.

L’Ottocento[modifica | modifica wikitesto]

È difficile immaginare come si sarebbe evoluto il romanticismo inglese senza le Lyrical Ballads, e quindi tutta la tradizione postromantica fino ai giorni nostri. Proprio grazie alle limitazioni sul copyright vigenti all’epoca, che permettevano la pubblicazione parziale di una raccolta da parte di altri editori senza pagare i diritti d’autore, le sue ballate finirono per essere pubblicate in migliaia di copie sui giornali, dandogli una fama ben maggiore di quella che avrebbe avuto dalla pubblicazione del suo libro. Mentre la prima edizione vendeva cinquecento copie, una buona tiratura per un libro a quell’epoca, giornali come The Critical Review e il Lady Magazine raggiungevano cifre tra le quattromila e le diecimila copie, anche se il successo del pubblico non toccava ancora Coleridge (La ballata del vecchio marinaio retrocesse agli ultimi posti dopo la prima edizione). Il successo di Wordsworth rimbalzò negli Stati Uniti, dove grandi riviste come Literary Magazine di Filadelfia ne fecero il fenomeno letterario del secolo. Durante l’età vittoriana fu Matthew Arnold a difendere la rivoluzione poetica di Wordsworth contro i detrattori che volevano tramandarlo ai posteri nella sua veste oleografica del poeta laureato e braghettone quale apparì negli ultimi anni.

Il Novecento[modifica | modifica wikitesto]

Il primo Novecento segnò una riscoperta delle Lyrical Ballads da parte della critica, con numerosi studi, come il già citato Wordsworth di Herbert Read (1930). Sempre di quegli anni è il lavoro di Basil Willey, in seguito pubblicato anche in italiano, sulla cultura inglese del Seicento e del Settecento, che mette in evidenza il rapporto del poeta col sensismo e la Rivoluzione Francese.

Studio magistrale per lo studente di anglistica è ritenuto ancora oggi The Mirror and the Lamp di M.H. Abrams, tradotto in italiano nel 1976 col titolo Lo specchio e la lampada. Una voce di dissenso autorevole ma destinata a fare molto discutere fu quella di Robert Mayo (1954), che volle vedere in molti personaggi di Wordsworth una mancanza di originalità e un eccessivo indebitamento con le vecchie ballate settecentesche. Molto interessanti sono anche gli studi più recenti di P.D. Sheats (1973) e due contributi di John J. Jordan (1970 e 1976). Oggi il Lake District è monumento nazionale e area protetta dalle leggi inglesi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Thomson e Maglioni, Literary Landscapes, p. 134
  2. ^ a b c Thomson e Maglioni, Literary Landscapes, p. 149
  3. ^ a b c Thomson e Maglioni, Literary Landscapes, p. 148
  4. ^ Thomson e Maglioni, Literary Landscapes, p. 156
  5. ^ Thomson e Maglioni, Literary Landscapes, p. 157

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Opere a carattere generale[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV., The Oxford Book of English Verse of the Romantic Period, 1798-1837, a cura di Sir H.S. Milford. O.U.P, 1928.
  • Abrams, M.H., The Mirror and the Lamp: Romantic theory and the Critical Tradition, O.U.P., 1953.
  • Abrams, M.H., Natural Supernaturalism, New York, Norton, 1971.
  • Baker, C., The Echoing Green, Princeton, Princeton University Press, 1984.
  • Burgess, A., English Literature, Burnt Mill, Longman, 1974.
  • Chinol, E., Masters of English Literature, Napoli, Liguori, 1983.
  • Crisafulli, L.M. et al. (a cura di), Modernità dei Romantici, Napoli, Liguori, 1988.
  • Cuddon, A.J, Literary Terms and Literary Theory, Harmonsworth, Penguin, 1998.
  • Pagnini, M., La poesia di William Wordsworth, Milano, Feltrinelli, 1959.
  • Praz, M., Storia della letteratura inglese, Firenze, Sansoni, 1985.
  • Praz, M., Cronache letterarie anglosassoni, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2 voll., 1951.
  • Thomson e Maglioni, Literary Landscapes, Rapallo, Cideb, 2002
  • Williams, R., Culture and Society, London, Chatto & Windus, 1958.

Edizioni delle Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • William Wordsworth, Memorial of a tour on the continent, London, Longman & Hurst & Rees & Orme & Brown, 1822. URL consultato il 1 aprile 2015.
  • William Wordsworth, [Opere. Poesia], Edinburgh, Paterson, 1882. URL consultato il 1 aprile 2015.
  • Wordsworth, W., Poetical Works, a cura di E. de Selincourt e H. Darbishire, Oxford, Clarendon Press, 1940-49, 5 voll.
  • Letters of William and Dorothy Wordsworth, a cura di E. de Selincourt, Oxford, 1941, 2 voll.
  • Coleridge, S. T., A Selection of His Finest Poems, a cura di H.J. Jackson, OUP, 1994.

Traduzioni italiane[modifica | modifica wikitesto]

  • Wordsworth, W. e Coleridge, S. T., Ballate liriche, Milano, Mondadori, 1979.
  • Wordsworth, W., Il Preludio, Milano, Mondadori, 1990, 2010.
  • Wordsworth, W., Sul sublime e sulla poesia. Saggi di estetica e di poetica, Firenze, Alinea, 1993.
  • Wordsworth, W., Poems – Poesia (1798-1807), Milano, Mursia, 1997.
  • Wordsworth, W., “The Recluse – Il recluso”, Poesia, 148 (gennaio 2001), pp. 19–22.
  • Wordsworth, W., “Poesie scelte”, con testo a fronte, saggi introduttivi e note a cura di F. Giacomantonio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1999.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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George Orwell

George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair (Motihari, 25 giugno 1903Londra, 21 gennaio 1950), è stato un giornalista, saggista, scrittore e attivista britannico.

Conosciuto come opinionista politico e culturale, ma anche noto romanziere, Orwell è uno dei saggisti di lingua inglese più diffusamente apprezzati del XX secolo. La sua grande fama è dovuta a due romanzi scritti verso la fine della sua vita, negli anni quaranta: l’allegoria politica de La fattoria degli animali e 1984, che descrive una così vivida distopia totalitaria da aver dato luogo alla nascita dell’aggettivo «orwelliano», oggi ampiamente usato per descrivere meccanismi totalitari di controllo del pensiero.

Orwell condusse sempre la sua attività letteraria in parallelo con quella di giornalista e attivista politico. Polemista lucido e anticonformista, Orwell non risparmiò critiche neanche all’intellighenzia socialista inglese, alla quale si sentiva profondamente estraneo.[1] Era e rimase sempre d’ispirazione politica di sinistra ma la presa di coscienza, anche in seguito a tragiche esperienze personali, delle contraddizioni e degli errori dello stalinismo realizzato in Unione Sovietica sotto Stalin, lo portò a essere antisovietico e antistalinista, scontrandosi così con una consistente parte di sinistra europea.

Nel 1946 Orwell scrisse:[2]

« Ogni riga di ogni lavoro serio che ho scritto dal 1936 a questa parte è stata scritta, direttamente o indirettamente, contro il totalitarismo e a favore del socialismo democratico, per come lo vedo io. »
(Perché scrivo)

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

« Siamo impegnati in un gioco in cui non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri, questo è tutto. »
(1984)

George Orwell nacque a Motihari, Bihar, in India, il 25 giugno 1903 da una famiglia di origini scozzesi, appartenente alla “borghesia alto-bassa” (“lower-upper-middle class“).[3] Il padre, anglo-indiano, è funzionario dell’amministrazione britannica in India, dove la famiglia si destreggia a conciliare l’effettiva scarsità di mezzi con la salvaguardia delle apparenze. Orwell si trasferisce in Inghilterra con la madre e le due sorelle nel 1907, a Henley-on-Thames, in Sussex, dove si iscrive al college St. Cyprian di Eastbourne. Orwell era ateo, come riportato, in occasione del 60° anniversario della morte, nell’articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa, pagina Cultura, in data 23/02/2010. Ne esce con una borsa di studio e un forte complesso d’inferiorità, dovuto alle umiliazioni e allo snobismo subiti negli anni da parte dei compagni di studio e della società inglese (come narrerà nel suo saggio autobiografico Such, Such were the Joys del 1947). Nel 1917 viene ammesso all’Eton College, che frequenta per quattro anni, e dove ha per insegnante Aldous Huxley (altro grande esponente della letteratura distopica), alle cui opere si ispirerà per 1984, il suo romanzo più celebre. In questo stesso periodo stringe amicizia con Cyril Connolly, futuro critico letterario. Nel 1922 lascia gli studi per seguire le orme paterne e, tornato in India, si arruola nella Polizia Imperiale in Birmania (Burma). Il 22 novembre dello stesso anno arriva a Mandalay.

L’esperienza si rivela traumatica e il giovane Eric, diviso fra il crescente disgusto per l’arroganza imperialista e la funzione repressiva che il suo ruolo gli impone, il 1º gennaio 1928 si dimette. Questa vicenda biografica ispirerà, oltre ad alcuni memorabili saggi, il romanzo Giorni in Birmania, pubblicato nel 1934. Nello stesso anno 1928 parte per Parigi, dove spera di osservare con i propri occhi i bassifondi delle grandi metropoli europee. In questo periodo inizia a scrivere e lavora come sguattero in alcuni ristoranti. Sopravvive solo grazie alla carità dell’Esercito della Salvezza e sobbarcandosi lavori umilissimi. Un’esperienza che proseguirà anche in patria ispirando il suo romanzo d’esordio Senza un soldo a Parigi e Londra, pubblicato nel 1933 con lo pseudonimo di George Orwell.

Pubblica il suo primo celebre articolo su Le Monde[4] nel 1928. L’anno successivo si trasferisce a Southwold, nel Suffolk, lavorando da recensore per l’Adelphy e il New Statesman and Nation. Nell’aprile 1932 si trasferisce nel Middlesex, e inizia un lavoro da insegnante come maestro elementare per varie scuole private, che è costretto ad abbandonare per problemi di salute. Nel marzo dell’anno successivo pubblica La figlia del reverendo (1933) e accetta poi un lavoro part-time in una libreria e come critico di romanzi per il New English Weekly. Su commissione del Left Book Club, un’associazione culturale filosocialista, svolge un’indagine nelle zone più colpite dalla depressione economica che lo porterà, nei primi mesi del 1936, tra i minatori di carbone dell’Inghilterra settentrionale.

Le loro misere condizioni saranno descritte in La strada di Wigan Pier, pubblicato nel 1937. Nello stesso periodo si reca nel Lancashire e nello Yorkshire e successivamente a Wallington, nello Hertforshire, dove pubblica il romanzo Fiorirà l’aspidistra, ispirato alla sua vita di miserie di quegli anni, in cui sono narrate le vicende sentimentali di un aspirante scrittore, impegnato in una velleitaria battaglia contro i codici della vita borghese. A Wallington affitta in Kits Lane una casa nella quale una stanza è adibita a negozio, tanto che viene chiamata The Stores; nel negozio Eric e la sua compagna vendono uova fresche del loro pollaio, bacon, latte delle loro capre e strisce di liquirizia.

Il 9 giugno 1936 sposa nella chiesa anglicana di Wallington (nonostante entrambi si dichiarassero agnostici) Eileen O’Shaughnessy, sua compagna da un anno. A Wallington si trova la “Bury Farm”, la fattoria che, secondo molti, ispirò ad Orwell l’ambientazione de La fattoria degli animali. Scoppiata la guerra civile spagnola, lo scrittore vi prende parte combattendo per il Partito Operaio di Unificazione Marxista (POUM, Partito Obrero de Unificacion Marxista, d’ispirazione trotzkista), contro il dittatore Francisco Franco, ed è inviato sul fronte aragonese al fianco della 29a Divisione Repubblicana. Il 20 maggio 1937 viene ferito gravemente alla gola da un cecchino franchista e nove giorni dopo rientra a Barcellona. Il clima politico è cambiato: con il prevalere della linea del Fronte Popolare e del PCE (stalinista) nel governo repubblicano il POUM e gli anarchici sono dichiarati fuorilegge. Nel giugno dello stesso anno Orwell e sua moglie lasciano la Spagna quasi clandestinamente.

Targa sulla casa di Hampsted, Londra.

Di ritorno in Inghilterra scrive Omaggio alla Catalogna (1938), un diario-reportage contro gli stalinisti spagnoli (i quali agivano sotto lo stretto controllo dei “consiglieri” sovietici), accusati di aver tradito lealisti ed anarchici in Spagna. In settembre parte per il Marocco e, l’anno successivo, tornato in patria, scrive Una boccata d’aria (1939). Durante la seconda guerra mondiale viene respinto dall’esercito britannico come inabile e si arruola, nel 1940, nelle milizie territoriali della Home Guard, con il grado di sergente. In marzo Gollancz gli pubblica la raccolta di saggi Dentro la balena e, trasferitosi a Londra, cura per la BBC (l’ente radiotelevisivo britannico) una serie di trasmissioni propagandistiche rivolte all’India. Pubblica la raccolta di saggi Il leone e l’unicorno: il socialismo e il genio inglese (1941) e, tra il 1942 e il 1943, collabora alle riviste Horizon, New Statesman and Nation e Poetry London.

In novembre abbandona la Home Guard e diviene direttore del settimanale di sinistra Tribune, che gli affida una rubrica, As I please (A modo mio). Inizia a scrivere La fattoria degli animali, che terminerà nel febbraio del 1944, ma che, per le chiare allusioni critiche allo stalinismo, molti editori si rifiuteranno di pubblicare (in quel periodo la Russia di Stalin era alleata del Regno Unito contro il nazifascismo. Nel giugno 1944, dopo molti tentativi di avere un figlio naturalmente, adotta un bambino con il nome di Richard Horatio Blair e nel febbraio dell’anno seguente si dimette da direttore del Tribune, dopodiché diviene corrispondente di guerra da Francia, Germania e Austria, per conto dell'”Observer”. Nello stesso anno (1945) muore la moglie Eileen, in seguito ad un intervento chirurgico, e Secker & Warburg gli pubblicano il suo primo romanzo di successo, La fattoria degli animali.

La tomba di George Orwell.

Dal novembre 1946 all’aprile dell’anno successivo riprende a scrivere per il Tribune e nel 1947 si stabilisce con il figlio a Jura, una fredda e disagiata isola delle isole Ebridi. È minato dalla tubercolosi e il clima non si confà alle sue disperate condizioni di salute, costringendolo a continui ricoveri in sanatorio. Due anni dopo si risposa con Sonia Bronwell, redattrice di Horizon, e si occupa della revisione della sua opera più celebre, 1984 (scritto nel 1948).

Orwell muore per il cedimento di un’arteria polmonare il 21 gennaio 1950, in un ospedale di Londra, a 46 anni.[5]

Le opere[modifica | modifica wikitesto]

« Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza son la stessa cosa. »
(1984)

Orwell viene ricordato soprattutto per il contributo che diede alla letteratura distopica (il termine contrario all’utopia), di cui si servì nella sua lotta contro il totalitarismo. Dal punto di vista letterario egli si inserisce nel grande filone della letteratura satirica inglese, che si può far risalire a Jonathan Swift (in particolare I viaggi di Gulliver, ma anche il pamphlet Una modesta proposta). In realtà sono i saggi e gli articoli che – più di ogni altro suo scritto – costituiscono il contributo maggiore di questo aspro scrittore alla comprensione del suo (e del nostro) tempo, oltre che un alto esempio di esercizio della ragione e dello spirito critico, attraverso uno stile di esemplare chiarezza.

La sua scrittura, pur esprimendo concetti complessi, è chiara ed adotta parole ben comprensibili: Animal Farm (La fattoria degli animali) in particolare è stato più volte usato come lettura nei corsi di lingua inglese per stranieri. Esso è, sotto la parvenza di una favola per bambini, un’acuta parodia del comunismo centralista realizzato in Unione Sovietica: in una fattoria gli animali si ribellano ad un padrone umano crudele e dispotico ma la rivoluzione si trasforma in una nuova tirannia capeggiata dai maiali, corrotti e avidi di potere come gli uomini, e riassunta magistralmente dall’icastico motto: “Tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri”.

Orwell è un maestro che tramite le favole (La fattoria degli animali) ammonisce a non credere alle favole, che stimola a mantenere sempre alta la coscienza e lo spirito critico, a dubitare delle rivoluzioni pur ritenendole necessarie, a dubitare del nostro stesso pensiero, perché potrebbe essere condizionato dal linguaggio (la neolingua di 1984) costruito apposta per incarcerare la nostra mente. Ed è severo perché ci punisce subito, mostrando le devastazioni provocate dal sonno della ragione.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Romanzi[modifica | modifica wikitesto]

Saggi[modifica | modifica wikitesto]

Raccolte italiane[modifica | modifica wikitesto]

  • Tra sdegno e passione, traduzione di Enzo Giachino, Rizzoli, 1977 (estratto da The collected essays, journalism and letters of George Orwell, a cura di Sonia Orwell e Jan Angus).
    Contiene: Giorni felici; Rimorsi Birmani (L’elefante fucilato; Un impiccato); Avventure tra i poveri (Il dormitorio, 1931; La raccolta del luppolo, agosto-ottobre 1931; Nel paese dei minatori, febbraio-marzo 1936; Ricordi di libreria, novembre 1936; Come muoiono i poveri, novembre 1946); Spagna (Parigi – Barcellona, autunno 1942 Sguardo retrospettivo sulla guerra spagnola); Vacanze inquiete (Marrakesh, primavera 1939); Ricognizioni (Perché mi iscrissi al partito laburista indipendente, giugno 1938; Democrazia nell’esercito inglese, settembre 1939; Negri esclusi, luglio 1939; Noterelle occasionali, aprile 1940; Mein Kampf di Hitler, marzo 1940; «Il nemico totalitario» di F. Borkenau, maggio 1940; La patria, autunno 1940; Perché ce l’ho con i pacifisti, luglio 1942); Il leone e l’unicorno, febbraio 1941; La guerra vinta e la pace perduta (La mia guerra, estratti da Partisan Review gennaio 1941 – estate 1946, Diari di guerra 28-5-1940 – 28-8-1941 e 14-3-1942 – 15-11-1942, Come mi garba, 3-12-1943 – 16-2-1945 e novembre 1946 – 4-8-1947; Chi sono i criminali di guerra?, ottobre 1943; Criminali di guerra, marzo 1944; L’antisemitismo in Inghilterra, febbraio 1945); Caratteri inglesi (L’Inghilterra a prima vista e Il punto di vista morale degli inglesi, maggio 1944; Le rose di Woolworth, 21-1-1944; Quando c’era un po’ di religione, 6-1-1945; Che uccello è il woodwele?, 28-3-1947; Elogio del rospo, 12-4-1946); Ultimi fogli (estratti dal diario e dalle lettere, aprile 1947 – maggio 1949).
  • Nel ventre della balena e altri saggi, traduzione di Tiziana Barghigiani e Claudio Scappi, Sansoni, 1988.
    Contiene: Uccidendo un elefante; In difesa del romanzo; In miniera (Down the Mine, in The Road to Wigan Pier); Le bugie settimanali per ragazzi; Profezie del fascismo (Prophecies of Fascism, 12-7-1940); Nel ventre della balena; Chi sono i criminali di guerra?; Appunti sul nazionalismo; In difesa della cucina inglese (In Defence of English Cooking, 15-12-1945); Una buona tazza di tè; Lear, Tolstoi ed il Matto; Verso l’unità europea (Toward European Unity, luglio-agosto 1947); Riflessioni su Gandhi.
  • Romanzi e saggi, Mondadori, I Meridiani, Milano, 2000.
    • ROMANZI: Senza un soldo a Parigi e a Londra, traduzione di Isabella Leonetti; Omaggio alla Catalogna, traduzione di Riccardo Duranti; Una boccata d’aria, traduzione di Bruno Maffi; La fattoria degli animali. Una favola, traduzione di Guido Bulla; 1984, traduzione di Stefano Manferlotti; Una storia da fumoir 1 e 2, frammenti del romanzo mai scritto, traduzione di Guido Bulla.
    • SAGGI (traduzioni di Guido Bulla):
      • Racconti e saggi autobiografici: Un’impiccagione; L’uccisione dell’elefante; Ricordi di libreria; Marrakech; Come muoiono i poveri; Perché scrivo; E tali, tali erano le gioie.
      • Scritti e divagazioni su arte e società: In difesa del romanzo; Appunti occasionali [2], L’invasione marziana; “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin; I confini fra arte e propaganda; Letteratura e totalitarismo; L’arte di Donald McGill; Troppo severo con l’umanità. Intervista immaginaria a Jonathan Swift; La letteratura e la sinistra; Come mi pare [9, 14, 15, 16, 67]; Grandezza e decadenza del romanzo poliziesco inglese; Quanto è lungo un racconto?; La libertà di stampa; Solo roba vecchia… ma chi può resistere?; Una buona tazza di tè; «La luna in fondo al pozzo»; Quei bei delitti inglesi di una volta; Riflessioni sul rospo; “L’anima dell’uomo sotto il socialismo” di Oscar Wilde; Gli scrittori e il leviatano.
      • Interventi e testimonianze: “Assignment in utopia” di Eugene Lyons; “Mein Kampf” di Hitler; Appunti occasionali [1]; London letter alla «Partisan Review»; Il pacifismo e la guerra. Una discussione fra Derek Stanley Savage, George Woodcock, Alex Comfort e George Orwell; Dai diari di guerra; Chi sono i criminali di guerra?; Come mi pare [10, 22, 25, 37, 47, 51, 57, 66, 70]; Propaganda e linguaggio popolare; L’antisemitismo in Inghilterra; Noi e la bomba atomica; La vendetta è amara; L’almanacco del vecchio George di Orwell e la sua sfera di cristallo.
  • Diari di guerra, a cura di Guyda Armstrong, traduzione di Alessandra Sora, Oscar Mondadori, Milano, 2007; collezione Oscar narrativa, 1962. ISBN 978-88-04-57093-6
    • Contiene: Diari di guerra (tit. orig.: War-time diary), Il leone e l’unicorno (tit. orig.: The lion and the unicorn: socialism and the english genius), Lettere da Londra (London letters).

Prime edizioni italiane[modifica | modifica wikitesto]

  • La fattoria degli animali, Milano, A. Mondadori, 1947.
  • Giorni in Birmania, Milano, Longanesi, 1948.
  • Omaggio alla Catalogna, Milano, A. Mondadori, 1948.
  • 1984, Milano, A. Mondadori, 1950.
  • La fattoria degli animali. Libera riduzione tutta illustrata dal celebre romanzo di George Orwell realizzata da Livio Apolloni, Roma, Mercurio, 1953.
  • Fiorirà l’aspidistra, Milano, A. Mondadori, 1960.
  • La strada di Wigan Pier, Milano, A. Mondadori, 1960.
  • Una boccata d’aria, Milano, A. Mondadori, 1966.
  • Senza un soldo a Parigi e a Londra, Milano, A. Mondadori, 1966.
  • La figlia del reverendo, Milano, Garzanti, 1968.
  • Giorni in Birmania, Milano, Longanesi, 1975.
  • Tra sdegno e passione. Una scelta di saggi, articoli, lettere, Milano, Rizzoli, 1977.
  • La strada di Wigan Pier, Milano, A. Mondadori, 1982.
  • Nel ventre della balena e altri saggi, Firenze, Sansoni, 1988.
  • Cronache di guerra, Milano, Leonardo, 1989.
  • Romanzi, Milano, A. Mondadori, 1994.
  • Romanzi e saggi, Milano, A. Mondadori, 2000.
  • Ricordi della guerra di Spagna, Roma, Datanews, 2005.
  • Gli anni dell’Observer. La raccolta inedita degli articoli e le recensioni, 1942-49, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2006.
  • Diari di guerra, Milano, Oscar Mondadori, 2007.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Approfondimenti[modifica | modifica wikitesto]

  • Guido Bulla, Il muro di vetro: Nineteen Eighty-Four e l’ultimo Orwell, Bulzoni, 1989
  • Bernard Crick, George Orwell, Il Mulino, 1991
  • Ugo Ronfani (a cura di), Orwell, i maiali e la libertà, Bevivino, 2004
  • Simon Leys, Orwell o L’orrore della politica, Irradiazioni, 2007
  • Christopher Hitchens, La vittoria di Orwell, Libri Scheiwiller, 2008
  • Luciano Marrocu, Orwell. La solitudine di uno scrittore, Della Porta, 2009
  • Antonio Manserra, La trilogia narrativa di George Orwell. Un’analisi di «A Clergyman’s Daughter», «Keep the Aspidistra Flying» e «Coming Up for Air», Franco Angeli, 2010
  • Beatrice Battaglia, Orwell oggi Orwell, Liguori, 2013

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ad esempio il saggio The Freedom of the Press di Orwell (La libertà di stampa), che doveva fare da prefazione ad Animal farm nell’edizione del 1945 e fu rimosso dall’editore, esprime serie critiche nei confronti della classe intellettuale. “Il servilismo con cui, a partire dal 1941, la maggioranza degli intellettuali inglesi ha ingollato e riproposto la propaganda russa sarebbe del tutto stupefacente, se una cosa simile non fosse già accaduta in molte altre occasioni.”
  2. ^ Politica, letteratura e letteratura politica, martemagazine.it. URL consultato il 23 agosto 2012.
  3. ^ George Orwell, 8, in The Road to Wigan Pier, Left Book Club, febbraio 1937, p. 1.
  4. ^ Diretto da Henri Barbusse. Niente a che vedere con l’omonimo quotidiano che sarà fondato da Hubert Beuve-Méry, nel 1944.
  5. ^ George Orwell, Author, 46, Dead. British Writer, Acclaimed for His ‘1984’ and ‘Animal Farm,’ is Victim of Tuberculosis. Two Novels Popular Here Distaste for Imperialism, New York Times, 22 gennaio 1950, Sunday.
    «London, 21 January 1950. George Orwell, noted British novelist, died of tuberculosis in a hospital here today at the age of 46.».
  6. ^ George Orwell: A Hanging – Language choice
  7. ^ George Orwell: Shooting an Elephant – Language choice
  8. ^ George Orwell: Charles Dickens – Language choice
  9. ^ George Orwell: Boys’ weeklies – Language choice
  10. ^ George Orwell: Wells, Hitler and the World State – Language choice
  11. ^ George Orwell: The Art of Donald McGill – Language choice
  12. ^ George Orwell – Looking Back On The Spanish War – Essay
  13. ^ George Orwell: Benefit of Clergy: Some Notes on Salvador Dali – Language choice
  14. ^ George Orwell: Arthur Koestler – Language choice
  15. ^ George Orwell: Notes on Nationalism – Language choice
  16. ^ George Orwell: How the Poor Die – Language choice
  17. ^ George Orwell: Politics vs. Literature – An examination of Gullivers travels – Language choice
  18. ^ George Orwell: Politics and the English Language – Language choice
  19. ^ George Orwell: Second Thoughts on James Burnham – Language choice
  20. ^ George Orwell: Decline of the English Murder – Language choice
  21. ^ George Orwell: Some Thoughts on the Common Toad – Language choice
  22. ^ George Orwell: A Good Word for the Vicar of Bray – Language choice
  23. ^ George Orwell: In Defence of P. G. Wodehouse – Language choice
  24. ^ George Orwell: Why I Write – Language choice
  25. ^ George Orwell: The Prevention of Literature – Language choice
  26. ^ George Orwell: Such, Such Were The Joys – Index page
  27. ^ George Orwell: Lear, Tolstoy and the Fool – Language choice
  28. ^ George Orwell: Reflections on Gandhi – Language choice

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]