Troppe tasse, nautica a fondo.

Lo sciopero degli imprenditori. Non s’era mai visto né sentito, una “prima assoluta” sul palcoscenico di una delle più importanti e prestigiose manifestazioni mondiali, quella della Nautica a Genova. Gli imprenditori del settore, punta di eccellenza del “made in Italy”, hanno deciso di disertare la cerimonia di inaugurazione.

E così il povero Mario Ciaccio, il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti designato a rappresentare il governo, è accolto dalle autorità locali (“civili e religiose”, come recita la classica formuletta), gira i ricchi stand, sarà presentato ai tanti costruttori stranieri, ma non potrà e non ha potuto stringere la mano ad un solo imprenditore italiano.

Perché non ci saranno, per protesta contro la politica punitiva del governo verso il settore, affossato dalle tasse e dalle verifiche fiscali.

Il presidente di Confindustria Nautica, Anton Francesco Albertoni, la spiega così:” Nel 2011, governo Berlusconi ancora in carica, l’emorragia sembrava bloccata. Oggi la crisi della nautica non arriva da lontano, è tutta italiana, cercata e voluta perché questo governo ha pensato che le priorità per il paese fossero altre. Di questo passo il prossimo anno possiamo dire addio al Salone”.

Il 2012 sarà in assoluto l’anno peggiore della nautica italiana, che nel 2011 ha fatturato 3,4 miliardi e ormai -e per fortuna- vive solo grazie all’export.

Sen. Giuseppe Esposito

www.giuseppeesposito.it

Le stipule per nuove barche nei primi sei mesi del 2012 sono crollate del 73%, c’è stato un crollo della domanda di ormeggi nei porti (fino al 75%), si registra una crescita esponenziale della rottamazione di imbarcazioni. Questa estate c’è stata una fuga dai porti italiani verso la Croazia, la Francia, la Corsica quando il governo ha varato la tassa di stazionamento per le barche che, essendo oggetti mobili, se ne sono andate a cercare lidi più ospitali e meno costosi.

Qualcuno lo ha spiegato al governo, la gabella è stata trasformata in tassa di possesso, ma ormai il danno era fatto: dei 125 milioni attesi ne sono arrivati solo 23.

Ma non è solo questo. Non si capisce bene se per populismo o  per deferente omaggio alla sinistra, il governo sembra aver sposato negli atti e nei fatti il luogo comune (solo in Italia) secondo il quale la barca è di per se stessa un aborrito segno di arricchimento non trasparente o addirittura la certificazione di evasione fiscale conclamata. Da qui, oltre alle tasse, i controlli ossessivi sui diportisti in porto e in mare, fermati anche più volte dai ben sette corpi dello Stato  “competenti” e quindi sovrapposti. “Non porto la barca in Croazia, però sto cercando di venderla”, fece sapere dopo il varo della tassa-Monti un diportista famoso e poco imputabile, almeno a sinistra,  di simpatie verso gli evasori: Riccardo Illy, imprenditore ed ex presidente del Friuli-Venezia Giulia sotto il simbolo del Pd.